
Ciao Alessandra! Ci racconti chi sei?
Ciao Luce, mi chiamo Alessandra Canteri e sono una fotografa freelance e post produttrice. Sono di Verona ma da dieci anni vivo e lavoro a Milano.
Dopo la laurea in Lettere e Filosofia, ho iniziato a seguire quella che è sempre stata la mia passione, la fotografia. Ho collaborato come assistente di diversi fotografi di moda e poi, per tre anni, sono stata in uno studio di post-produzione che mi ha permesso di affinare la tecnica del foto-ritocco, soprattutto di ambito moda. E’ un lavoro che mi piace molto perché interagisco e mi trovo a stretto contato con un molti professionisti del settore ma anche perché lavorare sul colore mi stimola molto. Il bello di essere una freelance è che non hai un ambito predefinito, ti occupi di ogni tipo di fotografia, quindi si passa dallo still life, ai ritratti, all’architettura, dipende dalla commissione.
Come ti sei approcciata alla fotografia?
La mia ricerca fotografica si basa sul ricordo. L’atto stesso di fotografare è inteso come tentativo di non dimenticare. Questo rincorrere la memoria e renderla visibile è strettamente legato al mio rapporto con il cinema, mia prima passione, e più in generale alla relazione con tempo e spazio, che provo a contrarre e dilatare attraverso l’utilizzo di ripetizione e serialità, dettaglio e visione d’insieme, micro e macrocosmo. Il cinema di Hitchcock ha acceso in me questa passione. Il libro poggiato sul tavolo, che porto sempre con me, al quale sono molto affezionata ha come titolo “Il cinema secondo Hitchcock” scritto da François Truffaut. Raccoglie una serie d’interviste fatte ad Hitchcock riguardo tutti i suoi film. L’idea di intraprendere un percorso di studi in cinematografia per poi concentrarmi sull’immagine fissa quindi sulla fotografia lo devo propio a lui.


C’è una fotografia, in particolare, a cui sei più legata?
Non ho una fotografia in particolare a cui sono più legata, ognuna mi riporta ad un’immagine interiore che ho fatto mia e che necessariamente mi rappresenta, e in questo conoscermi e riconoscermi trovo lo scopo della mia ricerca.
E quale soggetto è protagonista nelle tue foto?
I miei soggetti preferiti sono sicuramente le persone, in particolare la figura femminile della quale mi piace ricercarne la continuità e la relazione con il contesto in cui si trova. Sono affascinata anche dagli oggetti, con i quali comunico attraverso il filtro della fotografia e che considero come “vivi”, personificati.
C’è molto di te nelle tue foto…
Voglio ritrovarmi in quello che vedo, che sia un oggetto, una persona, un paesaggio, quello che a me interessa è dare la mia verità ad un’immagine e dire “c’è del mio lì dentro”. Scatto un dettaglio o una porzione di quello che vedo perché mi focalizzo su quell’elemento che mi rappresenta. Cerco la mia idea di bellezza, che può benissimo non essere condivisa con il pensiero degli altri.

Sul tuo profilo Instagram non traspare in maniera diretta quella che è la tua professione, come mai?
Sul mio profilo Instagram non si percepisce quello che è il mio lavoro a livello di commissioni, perché volutamente non lo voglio mettere. Preferisco venire apprezzata per quello che esprimo a livello fotografico a prescindere dai lavori che faccio. Anzi, voglio che il mio occhio, il come io vedo la fotografia possa essere percepito anche in modo professionale. La scelta di esprimermi con un profilo che non è prettamente professionale è proprio quello di trasmettere chi sono veramente e di dare come primo impatto la mia visione.
Un’altra cosa che mi caratterizza è un assetto molto basico, molto semplice nel mio modo di scattare è un altro elemento che mi pacerebbe esprimere. I miei scatti non sono costruiti, non sono sofisticati, elaborati, è tutto molto immediato.
Cos’è per te la bellezza?
Non penso che le mie foto siano belle e non voglio che lo siamo. Non parto da uno studio particolare delle luce, dell’inquadratura, che sia in funzione di un’idea di bellezza o che renda l’immagine bella e armoniosa. Questo non è nel mio intento fotografico. La bellezza per me è la necessità di esprimermi e di ritrovare me stessa nella fotografia. Nei film di Hitchcock, la figura della donna è sempre stata una fonte d’ispirazione importantissima. Ricerco nei miei scatti un’idea di femminilità molto forte, indipendente ma al tempo stesso dolce, delicata ma anche cattiva e audace così come lui l’esprimeva nel suo cinema. Questa è la mia idea di bellezza.


Con cosa scatti e come?
Scatto molto in analogico perché mi piace l’idea che non sia immediato il lavoro, mi piace il fatto che la fotografia si sedimenti e che debba passare del tempo prima che le foto vengano sviluppate. Mi piace la sorpresa nel vedere, tempo dopo, quello che ho fatto. Ho modo di rifletterci e poi rivederle è quasi come vederle per la prima volta. Mi piace scattare con macchine fotografiche compatte e completamente automatiche, immediate. Ho una Olympus, una Reflex e una Rolleiflex e le porto sempre con me.
Perché @alessandracanterini?
Il nome alessandracanterini è un vezzeggiativo usato da alcuni amici in modo scherzoso e affettuoso, non l’ho mai cambiato perché mi piace l’idea di sentirmi in qualche modo ancora piccola.
Cosa sognavi da bambina?
Da bambina volevo fare l’attrice. Il mio primo amore sono state le protagoniste dei film di Hitchcock, lì per la prima volta ho percepito la donna come una moltitudine di emozioni e sfaccettature, peculiarità e mi affascinava che potesse essere al tempo stesso dolce, crudele, brillante, magnetica, disarmante. Quindi la mia passione per il cinema nasce dalla passione per la recitazione che puoi si è concentrata sulla fotografia quindi alle luci, all’inquadratura, alla scelta del movimento.
Qual’è il tuo Life Motto?
Credo nel potere del cambiamento, accogliendo il nuovo e lo sconosciuto ma rimanendo coerenti con se stessi. Credo poi nella leggerezza e nell’ironia, da applicare a tutte le cose.
Qual’è la tua uniforme quotidiana?
La mia divisa preferita è una maglietta bianca e dei jeans neri, a volte azzardo con un vestito a fiori. La praticità prima di tutto. Preferisco indossare qualche accessorio in più che mi caratterizza.





