#PERSONE : Giulia Biava

Giulia indossa la mini GINEVRA micro macu nero/corallo.

Ciao Giulia, raccontaci chi sei..
Ciao Luce, sono Giulia e ho 26 anni. Ho studiato lettere e ora lavoro come Social Media Manager per Studio Dispari, uno studio editoriale di Milano. Racconto alle persone di libri. Ho sempre saputo che avrei lavorato nel mondo della comunicazione perché è quello che mi piace fare. Fin da subito ho cercato di far coesistere il mondo delle parole e quello delle immagini all’interno di un settore che sento mio, quello dell’editoria. Ho la chiacchiera facile e questo mi aiuta molto: non mi mancano mai le parole.
Sul mio profilo Instagram comunico visivamente chi sono senza raccontare il mio lavoro perché preferisco tenerlo come luogo di divertimento e svago. Insomma non mi va di pensare al copy perfetto!

Che cos’è per te la bellezza oggigiorno?
Non è mai esistito e sicuramente, ancora di più oggi, non esiste un canone vero e proprio di bellezza. Possiamo illuderci che esista, ma negli ultimi anni si è un pò sradicata questa idea. Per me la bellezza sta nella diversità. E’ bello ciò che è diverso. Tutti noi siamo belli perché siamo unici, altrimenti non ci si riconoscerebbe l’uno con l’altro. Vedo il bello laddove, vedo in un’altra persona, qualcosa che non ho mai visto prima. Qualcosa che attira la mia attenzione, che mi permette di soffermarmi a guardare, ad osservare più dettagliatamente.

Cosa ti ispira ogni giorno?
Fare qualcosa che mi piace è la mia ispirazione più grande. Alzarmi la mattina e andare al lavoro felice, orgogliosa di quello che faccio. Cerco di mantenere un’attitude positiva anche se non sempre ci riesco. Vivo giornate folli, in una città abbastanza folle, qual’è Milano ed a volte arrivare a fine giornata, schiacciata da quello che mi sta intorno, è difficile. Più che un’ispirazione è un’aspirazione: aspiro ad arrivare a sera serena, positiva, nonostante i problemi di tutti i giorni, cercando di restare a galla senza annaspare. 

Parlami della tua ricerca estetica.
Ho un background artistico, acquisito al liceo. Sognavo di fare l’artista nella vita. Poi ho ridimensionato le mie aspettative ma la componente che ricerca il bello c’è sempre stata e la manifesto nelle foto che faccio e nella cura della mia casa. Per esempio amo lavorare seguendo la luce: la mattina in camera, il pomeriggio, quando la luce si sposta, in cucina. Ho organizzato l’ambiente in cui vivo affinché mi facesse stare bene e fosse bello per me. La mia casa è la mia tavolozza bianca. Inoltre amo la spontaneità. Non mi sono mai soffermata a pensare a come una foto possa stare accanto ad un’altra nel feed, cosa che nel mio lavoro invece faccio. Cerco di essere fedele a me stessa senza diventare troppo paranoica. Quando sono per strada adoro fotografare le coppie di anziani innamorati, i cartelloni pubblicitari, le finestre dei palazzi milanesi destando lo stupore di chi è con me in quel momento.
La mia anima artistica si sprigiona attraverso il mio smartphone: con gli scatti che realizzo e pubblico sul mio IG.

Cosa significa per te inclusività e moda inclusiva?
L’aggettivo “inclusiva” l’abbiamo aggiunto noi recentemente. La moda in generale più che pensata per essere inclusiva dovrebbe nascere tale. È inclusiva nel momento in cui tutti la possono indossare e ci si possono rispecchiare. È inclusiva laddovea non c’è un diretto messaggio di inclusività. Noto, da profana dell’ambiente, una spinta nel “dobbiamo a tutti i costi essere più inclusivi possibile” forzando anche un po’ la mano. Il troppo stroppia. Per esempio trovo molto belle le collezioni senza genere ma vorrei che non fosse solo “ehi sono qui, noi facciamo una collezione senza genere”. Dovrebbe essere banalmente una cosa che faccio senza vantarmi di averla fatta.

Come incoraggeresti le donne ad essere più sicure del proprio corpo?
È un lavoro lunghissimo e duro che ognuno fa con se stesso nel proprio percorso di vita. Fino a qualche anno fa non mi piacevo e tuttora ci sono delle parti di me che ancora non mi piacciono. Ho passato molto tempo alla specchio a fissare quelli che erano i miei difetti e un bel giorno ho semplicemente interiorizzato che così sono e dovevo solo imparare a valorizzarmi. Da lì è stato tutto in discesa. Dal nascondere al mostrare. L’accettazione di sé è un argomento fin troppo complicato. Far passare il concetto che bello non corrisponde ad oggettivo è una cosa difficile da interiorizzare.
Deve scattare qualcosa dentro di te che ti fa dire “sono bella così. E sono bella così perché ho anche questa cosa in più”. Io ho trascorso la mia adolescenza a crucciarmi di avere i fianchi larghi e non avere seno. Poi a 20 anni ho trovato il lato positivo: posso non portare il reggiseno in alcune occasioni. Ed i fianchi larghi ci sono, ma ho vita è stretta, così sto bene con capi a vita alta. Mi rendo conto che l’auto consapevolezza non è facile da raggiungere per sentirsi serene e libere.

Cosa vuoi trasmettere attraverso il tuo profilo Instagram? 
Non ho una mission. Al momento racconto la mia vita ( tralasciando quella privata ) quello che mi piace e le cose belle che mi circondano. Uso Instagram come album dei ricordi, come macchina del tempo e diario visivo. Non vorrei che passasse il messaggio che la mia vita è perfetta. Quella di nessuno lo è.

Una cosa che le persone non sanno di te?
Non bevo caffè e non mangio un sacco di cose, sono una rompi scatole da questo punto di vista. E sono una grandissima chiacchierona nonostante io non faccia le classiche storie parlate. 

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