

Ciao Zoe, raccontaci chi sei.
Ho 19 anni e sono una studentessa. Sono una persona molto curiosa con una certa tendenza all’astrazione. Da buona reggiana, mi sposto quasi sempre in bicicletta e mangio un sacco di erbazzone.
Che cos’è per te la bellezza oggigiorno.
Penso che la bellezza abbia molto più a che fare con la morale di quanto non crediamo. Per quanto nella società contemporanea molti aspetti siano legati a fattori estetici, raramente sento parlare della bellezza come valore da un punto di vista teoretico. Anzi, spesso l’idea di bellezza è pregiudizievolmente legata a quella di superficialità.
Per quanto mi riguarda, ho sempre creduto che ci fosse qualcosa di vero nel kalòs kagathòs greco, καλὸς κἀγαθός, che indica l’ideale di perfezione fisica e morale dell’uomo. Inoltre credo che la bellezza abbia una sorta di valore non solo morale, ma anche terapeutico. Ritengo che respirare bellezza faccia stare meglio e, di conseguenza, renda le persone migliori. Per questo, nei limiti del possibile, è giusto cercare instancabilmente il bello, dapprima all’esterno: nei luoghi, negli oggetti, nelle persone che incontriamo. Credo che, a poco a poco, ci verrà voglia di cercare – e creare – il bello anche dentro, nei pensieri e nelle azioni.




Parlaci della città dove vivi ora ed il tuo rapporto con la metropoli.
Da non molto vivo a Milano, che, di per sé, per dirla eufemisticamente, non trasuda bellezza in senso canonico. È una città non filtrata: le tante, tantissime cose belle sono mescolate all’ordinarietà dell’asfalto: bisogna disciplinare e orientare l’occhio nella direzione giusta. Di Milano, al di là della sua anima principale, ho come l’impressione che ci siano tante anime che sgomitano per trovarsi un posticino. Credo che ci sia molto che si possa assorbire, che si possa imparare.
Al contrario, non mi piace il fatto che a volte sia un po’ bigia e ti costringa a trovare i colori dentro di te e nelle cose che fai.
Un’altra cosa formidabile – nel senso etimologico ambivalente di “meraviglioso” e terribile” – è come riunisca persone dalle estrazioni variegatissime. Questo fatto mi affascina molto, ma il suo lato terribile e un po’ grottesco sta nel fatto che, la sera, dopo che i clienti se ne sono andati, sotto Cracco, in Galleria, puoi vedere vari senzatetto che, con estrema precisione, come se prendessero posto in ufficio, si sistemano per la notte.
La tua casa è popolata di libri ed oggetti, racconta di uno spazio intimo e molto personale, di chi sono? Chi si è occupato dell’arredamento?
I libri sono di mio padre, che a un certo momento della sua vita ha iniziato a leggere, saggi nello specifico, e non ha più smesso. Anche io amo leggere: le rare volte che ci incrociamo su un libro ne parliamo un po’ insieme.
La casa l’ha arredata mio padre, con l’aiuto di un amico che lo fa di mestiere. Prima, ha abitato in tanti altri luoghi, dunque lui ha avuto la fortuna di metterci mano sapendo quello che gli piaceva.
Gli oggetti sono lì perché sono stati scelti, e in quanto scelti, si caricano di significato e fanno casa.
Raccontaci qualche aneddoto sulla tua casa.
Che io sappia non ci sono grandi aneddoti ma forse bisognerebbe chiedere a lei.







Che luogo della casa senti più tuo.
Di questo appartamento ho sempre adorato la poltrona, perché è in una nicchia un po’ nascosta, fuori dal campo visivo da quasi tutte le angolature. Tra l’altro, io sono molto freddolosa, e lì dietro c’è il termosifone. D’inverno, spesso mi ci metto a gambe all’aria, con un libro in mano.





Cosa significa per te la parola casa.
Al di là della retorica dell’ ”home is wherever your heart is”, ci sono posti che mi fanno sentire a casa più di altri.
Per una ragione o per l’altra, sono stata sempre un po’ sballottata tra varie abitazioni, dunque ho imparato a stare bene un po’ ovunque, senza troppe pretese, ma in modo policentrico, non sradicato. Intendo dire che, per quanto sia abbastanza flessibile, ovunque alloggi per più di qualche giorno ho bisogno di costruirmi un angolino un po’ mio, come i gatti. Se poi c’è una porta che si può chiudere tanto meglio.
Credits:
Photographer: Martina Bertacchi
Model: Zoe Ferrari